24 lug 2016

24 luglio 1927

Ottantanove anni fa, il 24 luglio 1927, si spengeva nella sua casa di Tokyo  lo scrittore Akutagawa Ryunosuke. Morì dopo aver assunto una dose elevata di Veronal, un medicinale che gli era stato prescritto per l'esaurimento nervoso.
Oggi Petals at my feet lo vuole ricordare in quanto scrittore più rappresentativo dell'era Taisho - uno dei più importanti letterati giapponesi del '900 - ma anche in qualità di maestro, fonte di ispirazione e, soprattutto, in veste di "amico".
La nostra è solo un'amicizia letteraria e metaforica; in ogni caso per me entrare nel mondo di Akutagawa è stato un privilegio e un onore e spero che, dovunque egli sia, mi guardi con benevolenza. Quest'estate tornerò in Giappone e la prima tappa del mio viaggio sarà proprio il luogo della sua sepoltura, a Zoshigaya.

LA "BELLA MORTE"

Nei giorni scorsi abbiamo fatto una rapida carrellata di alcuni racconti e poesie dell'autore. Stavolta ci concentreremo su alcuni aspetti della sua morte.
Ho già parlato della profonda impressione che lasciò su Akutagawa lo stagno di cadaveri nello Yoshiwara nel post: "Vento tra i pini" - haiku di Akutagawa Ryunosuke.
Probabilmente l'episodio si impresse nella mente di Akutagawa come l'antitesi di una "bella morte", infatti, come scrisse nel suo "Memorandum per un vecchio amico", egli scelse di togliersi la vita in un modo più doloroso rispetto all'impiccagione o allo spararsi con una pistola se non altro proprio per dare alla sua morte una dignità estetica: voleva lasciare  un ricordo "pulito" di sé ai familiari che lo avrebbero rinvenuto.
In una delle sue ultime opere, "Vita di uno stolto", lo scrittore raccoglie frammenti della sua vita quasi come in degli scatti, delle istantanee della coscienza. L'episodio conclusivo, "Sconfitta", è il seguente:

Anche la mano che reggeva la penna gli tremava. E incominciava a colargli saliva dalla bocca. Da quando aveva ingerito Veronal 0,8 la sua mente era sprofondata nel torpore: aveva riacquistato lucidità soltanto al risveglio. Per non più di un'ora. Viveva ormai come una cicala nell'oscurità. Appoggiandosi come a un bastone a una sottile spada dalla lama spezzata.
INEVITABILE

Ciò che colpisce di Akutagawa, oltre alla produzione letteraria in sé, è il suo lento "scivolamento" fra le braccia della morte; il lettore che abbia curiosato fra le sue pagine abbastanza da intravedere un percorso psichico - o quantomeno un'evoluzione emotiva - concorderà con il dire che il suicidio, alla fine, era inevitabile.

Già con "Rashomon", nel 1915, si delineano i contorni grotteschi della produzione di Akutagawa, e da lì in poi i caratteri con cui i suoi racconti sono fittamente scritti assumeranno sempre di più il ruolo di matite, carboncini e pennelli con cui l'autore dipinge la bruttezza e la nullità dell'animo umano. C'è in lui una sorta di impossibilità a scorgere negli uomini e nelle donne qualcosa di buono e nobile: anche quando ci riesce, queste caratteristiche positive servono per mettere in risalto situazioni particolarmente negative (ad esempio in "Morte di un cristiano"), o sono derise dagli altri uomini (ne è un esempio il protagonista di "Zuppa di riso").

Tuttavia, nei racconti e nelle poesie di Akutagawa resta qualcosa di profondamente bello e commovente: la natura.
Egli stesso scriverà in "Memorandum per un vecchio amico" che la natura gli appare sempre più bella via via che la morte si avvicina. Credo che questo sia il segnale più chiaro dell'incredibile profondità e sensibilità dello scrittore: il disagio che lo spinse al suo gesto estremo fu, forse, la percezione dell'infima condizione umana al cospetto della grandiosità di una natura che ammirava ormai "più delle donne o del sake".
Si può quasi dire che la morte di Akutagawa sia una metafora della sua epoca ricca di cambiamenti e contaminazioni straniere: la sensibilità per la natura è idubbiamente tipica della cultura giapponese, ma la morte come conseguenza dell'amare troppo intensamente - eros e thanatos - è un topos squisitamente occidentale.
Nella sua lettera d'addio, Akutagawa attribuirà il suo gesto a un crescente senso di angoscia verso il futuro di un Giappone snaturato e alla deriva, dove l'ombra del feudalesimo Tokugawa continuava a proiettarsi in modo inquietante sulla sua vita. E' vero anche che lo scrittore si sentiva prossimo a impazzire, proprio come in precedenza era successo alla madre naturale e ad un amico - e probabilmente non tollerò l'idea.

Spalancai gli occhi e levai lo sguardo al soffitto, e solo quando mi accertai che non v'era nulla di simile, li richiusi. Ma anche in quella oscurità le ali argentee continuavano a riflettersi sulla retina. Poi sentii che qualcuno saliva e ridiscendeva precipitosamente la scala. Capii che era mia moglie, mi alzai stupito e mi affacciai nella penombra del salottino di fronte alla scala.
- Che hai?
- Nulla...- mia moglie sollevò a fatica il volto e con un sorriso forzato aggiunse: - Niente, ma ho avuto l'impressione che tu stessi per morire...
Fu l'esperienza più terribile della mia vita.
-da "La ruota dentata"
DOMANDE E RISPOSTE NEL BUIO

Questo è forse quel che di più simile a un testamento psicologico ci sia stato lasciato da Akutagawa. Si tratta di un dialogo immaginario fra lui e una "una voce" (probabilmente un angelo o un demone). La voce accusa Akutagawa di tutte le sue debolezze, lo punzecchia, lo tenta, lo rimprovera; Akutagawa replica, a volte si giustifica, spiega, spesso ammette che la voce ha ragione. E' una vera e propria lotta interiore e non c'è da stupirsi se, alla fine della sua vita, lo scrittore avesse un esaurimento nervoso.
"Domande e risposte nel buio" resta dunque, insieme a "La ruota dentata", "Vita di uno stolto" e "Memorandum" una delle testimonianze più personali lasciateci dall'autore, da cui traspare chiaramente in tutto il suo vero carattere.
Questa è l'opera in cui il lettore finisce con l'affezionarsi davvero a questa figura e diventa partecipe della sua sofferenza.
Petals at my feet consiglia la lettura del brano solo dopo quella degli altri racconti: per apprezzarlo infatti è opportuno avere un'idea precisa di chi fosse l'autore.

L'EREDITA' DI AKUTAGAWA RYUNOSUKE

Ci vorrebbero libri interi e una laurea per dire chi fosse davvero Akutagawa e per comprendere pienamente la bellezza dei suoi scritti. Io, come sapete, mi limito a parlare di ciò che mi piace e spero di trasmettere un po' di passione anche a voi che mi leggete.
Akutagawa può sembrare una persona triste e malinconica a causa del gesto che ha compiuto, ma le sue opere sono intrise di forza vitale.
Ha dipinto con maestria i sentimenti universali dell'animo umano cospargendoli di magia, trasportandoli in dimensioni oniriche, fiabesche. Ha parlato d'amore. Le sue poesie rimangono tra le più belle mai scritte. Da ogni sua parola traspare una sensibilità rara che lo rende ancora oggi uno dei più grandi scrittori giapponesi del '900.
In Italia è poco conosciuto al di fuori dell'ambito accademico, ma spero che sempre più persone in futuro possano apprezzarlo. Questo è ciò che lui stesso si augurava.

UNA VOCE
Che facondo furbastro! Finiranno tutti con l'evitarti. 
IO
Potrò ancora provare emozioni profonde grazie agli alberi e alle acque. Inoltre posseggo più di trecento libri giapponesi e cinesi, orientali e occidentali. 
UNA VOCE
Ma perderai per sempre i lettori delle tue opere. 
IO
Avrò lettori in futuro.
- da "Domande e risposte nel buio"  


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