20 feb 2017

Reminiscenze di una metà mai incontrata e già dimenticata

Da molto non scrivo una nota autobiografica.
In realtà finora credo di non averne avuto il tempo.
In questo periodo la vita mi assorbe più del solito e stare con le mani in mano mi fa salire una smania incontrollabile.
E allora tiro fuori il taccuino. Per fare qualcosa, per non stare ferma.
Aspetto mia sorella, in fila per il firma copie.
Sono stanca, stasera avrei voluto tornare diretta a casa dopo il lavoro.
Ma ultimamente mi sento in dovere di fare da mamma per tutti - non ci riesco mica, però.
Speravo che la voce di Ermal Meta in stereo diffusione nella libreria mi avrebbe aiutata a trovare l'ispirazione, invece mi sento circondata da una fretta sterile e persino i miei adorati libri mi guardano dagli scaffali con un ghigno minaccioso.
Il mondo dentro la libreria corre e corre, come uno stoppino che ha fretta di consumarsi; peccato, fuori c'è una notte tanto bella...
Il libraio che rimette a posto prima della chiusura posa dei volumi sul tavolinetto per bambini a cui sono seduta in ginocchio. C'è anche un tomo tutto sgualcito con una raccolta di shunga e un catalogo di ukiyo-e.
Mi guardo intorno, sbattendo le palpebre confusa: forse spero di trovare qualcuno che sghignazza, il misterioso autore di questo scherzo.
Invece non vedo nessuno. Non so più cosa sia sogno e cosa realtà.

Forse è tutto un sogno. Oppure il mio filo rosso del destino è teso drittissimo, rigido, e sono io a girarci intorno e a ingarbugliarlo.
Forse sono solo innamorata.
Forse, in questo momento, l'altra metà di me è la fuori che mi cerca.
Non sono sicura che sia una persona; magari è un posto, un evento che deve ancora succedere, una storia che vuole essere scritta. Forse è un morto in cerca di pace, un uccellino o un fiore che sboccerà fra dieci anni. Forse è un ideogramma nero impresso su un fondale sbiadito che nessuno ammira da secoli.

O magari è un ricordo perduto che scalpita per tornare alla luce.


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