31 mar 2016

"Mille Gru" di Kawabata Yasunari - impressioni


"Mille Gru" di Kawabata Yasunari

La trama di "Mille Gru" da sola ha qualcosa di profondamente disturbato.
A ripensarci a posteriori potrebbe averla pensata Mishima, mi dico, in quanto a perversione.
Però "Mille Gru" non è una storia sulla perversione e questo è ben chiaro a chiunque l'abbia letta: anzi, si realizza solo alla fine del libro, che l'autore tinge magistralmente con una vena di tristezza, che la storia è un'esaltazione alla purezza dei sentimenti umani.


La vicenda in brevissimo - senza spoiler

Kikuji è un giovane impiegato ormai orfano che vive da solo con la domestica in una vecchia casa tutta da ristrutturare. Dopo la morte dei genitori, il padiglione per la cerimonia del tè è rimasto chiuso e i tatami hanno iniziato a puzzare di muffa.
La cerimonia del tè - il fil rouge del romanzo - era il passatempo preferito del padre di Kikuji che negli anni aveva collezionato una vasta varietà di vasellame e di ceramiche pregiate. A Kikuji la cerimonia del tè non interessa granché ed è quasi sollevato per non dover più vedere la maestra di cerimonia del tè, Kurimoto Chikako: la donna, sgradevole nell'aspetto e nel carattere, era stata per brevissimo tempo l'amante di suo padre. Il ricordo più vivido che Kikuji conserva di lei, sin da bambino, è la disgustosa voglia sul suo seno.
Nonostante ciò, all'inizio del libro Kikuji si sta dirigendo proprio a casa sua. Chikako lo ha invitato alla cerimonia del tè per presentargli una giovane possibile fidanzata, Inamura Yukiko. Alla cerimonia sono presenti anche la signora Ota  la figlia (autoinvitate, a detta della Kurimoto).
La signora Ota era stata l'altra amante del padre di Kikuji, quella con cui era stato più a lungo fino al momento della sua morte.
Da lei, rimasta vedova, il padre di Kikuji aveva acquistato tutto i preziosi serviti da tè del marito. Kikuji è sorpreso di vederla in una simile circostanza.
Dopo la cerimonia, la signora Ota aspetta Kikuji fuori dalla casa di Chikako per parlargli di suo padre.
Ma il loro incontro darà il via a una fatale successione di eventi che sfocerà nel suicidio della signora Ota e nella strana relazione fra sua figlia Fumiko e Kikuji, basata sul senso di colpa per essere stati legati ai rispettivi genitori da un affetto immorale e illecito.


Cosa ne penso di "Mille Gru"

A mio avviso, "Mille Gru" è un'opera i cui contenuti negativi sono messi sotto una luce bianca, pura. dove il senso di colpa, il sentimento più lurido dell'animo umano, lontano dalle accuse della morale appare nudo e indifeso.
Il senso di colpa di "Mille Gru" è una conseguenza dell'amore.
Sembra quasi un ossimoro, ma è così: l'amore che fa gioire, che unisce, che crea è anche la causa del senso di colpa che distrugge, annienta e divide.
E la cosa più assurda sta nella certezza, alla fine del libro, che la colpa di tanto dolore non è di nessuno. La colpa è del destino e della debolezza dell'essere umano.

Su internet potrete trovare la trama completa del libro, ma io credo che valga la pena leggerlo. Qui mi limiterò a dare il mio parere a lettura appena conclusa.
Le due figure che più mi hanno colpito sono Kurimoto Chikako e Inamura Yukiko.

La signorina Inamura è una figura quasi inesistente della narrazione, eppure il titolo del romanzo è ripreso proprio dal motivo del suo obi alla cerimonia del tè.
La signorina Inamura è così al margine della narrazione da arrivare a crederla una sorta di bambola inanimata: niente suggerisce in lei una particolare forza o debolezza d'animo, non si fa cenno ai suoi pensieri. Il suo volto è un foglio bianco sui cui appare una grazia apatica priva di profondità.
Da quando le trattative per il fidanzamento con Kikuji iniziano, fino a quando le stesse vanno a monte, lei non sembra né particolarmente felice né particolarmente triste, come se l'idea di un futuro matrimonio non la preoccupasse.
Io però intuisco che dietro il suo personaggio c'è di più. Sento che il rifiuto ingiustificato di Kikuji sarà la scintilla che segnerà con il senso di colpa anche la sua vita, come un'epidemia, un circolo vizioso... il senso di colpa finirà con l'imbrattare anche la sua candida bellezza.

Chikako invece è particolare: lei non si è limitata a sentirsi in colpa, lei ha fatto di questo sentimento le fondamenta della sua vita. Innanzitutto, si sente colpevole della sua brutta voglia sul seno che la porterà a vivere tutta la sua vita lontana dagli uomini. Esaspererà questa sua mancanza di femminilità fino a trasformarsi in una specie di ibrido. Non ha mai superato l'abbandono del padre di Kikuji e non riesce a nascondere l'odio nei confronti della signora Ota, la donna che ha avuto tutto ciò che lei desiderava. Nella sua infinita meschinità e indelicatezza, nel suo bisogno quasi fisiologico di far soffrire gli altri, io rivedo la me stessa di un anno fa e forse per questo riesco a giudicarla con indulgenza.
Certamente, Chikako è il personaggio più negativo dell'intera vicenda, l'unica che in fin dei conti non appare mai sotto una luce benigna. Ma io spezzo una lancia in suo favore.
Quando ciò che ami ti sfugge dalle mani senza che tu possa farci niente, la ferita può continuare a bruciare a lungo e il tempo invece che lenire il taglio a volte provoca l'effetto opposto.
Il senso di colpa e di inadeguatezza raramente si affievolisce con il trascorrere degli anni.

Considerazioni finali sull'opera

Credo che Kawabata con Chikako abbia voluto guidare il lettore attento all'interpretazione che credeva più consona. E' nel buio grigiore di Chikako, su cui neanche la narrazione oggettiva dei fatti è riuscita a dimostrarsi clemente, che il lettore riesce a muoversi a compassione. Chikako è una donna estremamente sfortunata, che più di tutti gli altri è rimasta vittima delle circostanze.

Se la recensione vi ha incuriositi vi invito a leggere il libro voi stessi.
Non dimenticate di condividere la recensione con i vostri amici, colleghi, parenti... insomma, con chi volete. Io resto a disposizione per dubbi, domande e commenti qui sul blog, sulla mia pagina facebook "ukidafune" e via mail.
Non smettete di seguirmi per rimanere aggiornati con tutte le novità.
Io vi auguro come sempre una buona lettura <3

30 mar 2016

"I Racconti del ciliegio in fiore" - ciclo di incontri a tema Giappone a Grassina

Qualche giorno fa vi parlavo di "novità in arrivo".

La prima, grande notizia è che dopo la mostra di pittura e poesia, sono stata invitata a tenere alcune delle mie conferenze alla Casa del Popolo di Grassina.
E' avvenuto un po' per caso... un ragazzo che conoscevo di vista dalle elementari e che ha fatto il liceo artistico ha visto la pubblicità su internet ed è venuto a vedere l'esposizione. Da cosa nasce cosa e mi ha invitato a parlare del Giappone tutti i giovedì sera di aprile... ha pensato che i miei incontri avrebbero potuto risollevare un po' l'atmosfera della Casa del Popolo.
Sinceramente, spero di non deludere le aspettative.

Le serate saranno libere e aperte a qualsiasi tipo di pubblico. Ho intenzione di parlare del Giappone e della sua cultura in modo semplice e diretto, in modo che tutti possano capire e divertirsi.
Voglio che la gente ci "metta le mani" e infatti ho già ideato un paio di workshop.
Io, nella vita, forse voglio fare questo.... ma è difficile fare quello che vogliamo.
In ogni caso, mi accontento della possibilità che mi viene offerta e incrocio le dita affinché vada tutto bene. Di seguito trovate la foto con il programma delle serate:


Come vedete gli argomenti sono tanti: haiku, tanka, il Racconto di Genji di Murasaki Shikibu, la cultura pop, gli anime e i manga, la filosofia dei samurai... Ogni giovedì sera nel mese di aprile 2016, dalle ore 21.00, ci sarà qualcosa da imparare e soprattutto qualcosa da sperimentare con le vostre mani.

Sono davvero felice; amo parlare del Giappone e condividere con gli altri la mia esperienza. 
Ho spesso l'impressione che molti abbiano un disperato bisogno di Giappone per risanare le proprie vite, ma spesso neanche lo sanno. Onestamente, forse l'unica che ne ha davvero bisogno sono io, e proietto questo desiderio sugli altri... infatti, l'unico modo per affrontare le conferenze con il giusto spirito, senza ansie né timori, è tenere bene a mente che la spettatrice più esigente da soddisfare sarò proprio io. 

D'altronde, quando le cose sono fatte con passione e amore, sono convinta che la Fortuna provveda a mescolarci tutti gli altri ingredienti del successo.
Questo è lo spirito con cui scrivo questo blog - che in pochissimi leggono, ma chissene. I miei post sono lettere d'amore, e chi ama non lo fa mai invano: qualcosa torna sempre indietro.

Non so se ci sarà qualcuno ad assistere agli incontri, ma lo spero molto; non tanto per me, che troverò altre occasioni per parlare del mio amato Giappone, quanto per il mio stesso pubblico: non capita tutti i giorni  che qualcuno vi offra così docilmente il pezzo più vulnerabile della sua anima (ormai dovreste sapere che il Giappone è sia la mia più grande forza, sia il mio tallone d'Achille).
Però a volte rendersi vulnerabili è il prezzo per una vita memorabile. Serietà!, diceva Hiratsuka Raicho; io invece vi esorto all'onestà. Non nascondetevi per paura di soffrire. Siate chi volete essere, fate cosa volete fare. Amate senza freno davanti agli altri, anche se quando amate siete deboli e indifesi.
Questo nostro lato umano è il regalo più grande che possiamo fare al prossimo.

Dunque, se in quelle serate d'aprile avete voglia di vedere una 19enne innamorata in tutta la sua vulnerabilità, sapete dove venire.
Ci conto, eh.

29 mar 2016

"Piccola eco in una teiera d'ottone" - Racconti da diciassette sillabe da un haiku di Akutagawa

明星のちろりにひびけほととぎす

sotto la stella del mattino - piccola eco in una teiera d'ottone - il canto di un cuculo

Akutagawa Ryunosuke


Yurina sedeva in seiza sulle assi del pavimento vicino agli shoji che dalla cucina davano sulla veranda. Le spalle stanche, curve sotto il kimono floscio, le conferivano un’aria dolce di decadenza; anche i ciuffi di capelli scappati dal fermaglio sembravano essere stati arruffati ad arte. La testa era stancamente appoggiata contro il telaio degli shoji.
Yurina chiuse gli occhi stanchi e gonfi e rimase in silenzio: al di là dello strato di carta di riso si sentiva il suono del bosco che si risvegliava. Ecco, in quel frangente Yurina scoprì che non era l’alba a risvegliare la natura, ma la natura stessa a scalpitare affinché il sole sorgesse. Se non fosse stata così stanca, probabilmente avrebbe sorriso.
Taiki strisciò stancamente i piedi sul legno del pavimento e disse:«Alzati e va’ a lavarti», dopodiché la prese delicatamente per le spalle e la allontanò dagli shoji.
Yurina osservò il marito sbattendo stancamente le palpebre, mentre lui con un gesto secco spalancava i pannelli scorrevoli. Fuori il cielo era di un celeste pallido e sporco: solo in lontananza, nel punto in cui i crinali dei monti si incrociavano, si intravedeva un tenue bagliore giallastro. L’odore umido della notte continuava ad permeare i margini del bosco: tutt'intorno alla casa aleggiava la leggera nebbia tipica delle mattine di primavera. L’odore pungente del sottobosco stuzzicò le narici di Yurina che rabbrividì: improvvisamente si sentì sveglia. Taiki afferrò il vecchio bricco  d’ottone per il sakè un po’ ammaccato, deciso a andare a riempirlo nella veranda.
«Controlla che la teiera sia vuota», mormorò Yurina con la voce spezzata dalla stanchezza per aver passato una notte senza dormire piegata in due dalla nausea.
Taiki sbuffò che era vuota, lo sentiva che non era pesante, ma malgrado tutto obbedì alla moglie e sollevò il coperchio di metallo. In quel momento dal ventre del bosco, in lontananza, si levò il canto di un cuculo: il canto si propagò nella valle e riecheggiò appena nella teiera di ottone che Taiki teneva per il manico. L’uomo si voltò verso la foresta, oltre gli shoji spalancati, oltre la nebbia.
A Yurina parve di sentire nel canto del cuculo tutte le parole di premura che Taiki non aveva il coraggio di dirle, e sorrise. Il marito si voltò verso di lei e arrossì; poi si arrabbiò. «Che hai da ridere?», borbottò ancor più rosso in viso. Poi si diresse a grandi passi a prepararle il tè.

Appena il marito scomparve in giardino, Yurina si accarezzò il ventre rotondo e rivolse un ultimo sguardo stanco verso la foresta. Ora metà della volta celeste era già tinta di una sfumatura dorata che riluceva sulle chiome degli alberi che ricoprivano le montagne. Vicino a lei, sul pavimento, Taiki aveva lasciato una coperta ben piegata. Yurina se la avvolse sulle spalle e rimase in silenzio a guardare l’alba.
Nella stanza accanto si sentiva il rumore di Taiki che posava le tazze sul vassoio.

da "Storie da diciassette sillabe" di Dafne B.




28 mar 2016

さくら - Sakura


"Che c'è di particolare, è solo un ciliegio!"

Ecco, questa frase non ditela davanti a un giapponese. Non fatelo e basta. Fidatevi

Sarà che alla primavera, foriera di vita e di nuovi inizi, i giapponesi sono da sempre particolarmente affezionati. Sarà che il risveglio della natura, con il suo sole, il suo tepore e i colori dei fiori ci rimangono impressi nei ricordi sin da quando si è bambini e in Giappone i ciliegi sono lì davanti agli occhi di tutti e la loro fioritura scandisce inequivocabile il tempo della vita.
Forse è perché i ciliegi fioriscono proprio nel periodo in ci si comincia un nuovo anno di scuola, si cambia ufficio, ci si trasferisce per lavoro in un'altra città e allora guardandoli si ha automaticamente l'impressione che il tempo ci stia dando una nuova occasione per inseguire la felicità.

Ma siamo sicuri che ci sia solo questo? Se così fosse, come mai io, una semplice gaijin mi sono commossa davanti alla sconfinata fila di alberi in fiore che si estendeva lungo le rive del fiume Shukugawa? Quale ricorrenza della mia vita, quale nuovo inizio potevano mai rammentarmi?

Ripensandoci ora, quello sarebbe potuto essere il periodo più triste della mia vita.
Ricordo che un paio di settimane dopo che i fiori erano caduti dai rami, mi rinchiusi in una chiesa e piansi in silenzio, accasciata sull'inginocchiatoio.
Ma davanti alla fioritura dei ciliegi, fu come se avessi bevuto un potente antidolorifico; camminando sotto le fronde simili a nugoli di farfalle bianche percepivo l'entità dello squarcio nel mio petto, ma non sentivo bruciare.
Lungo le rive di Shukugawa per tutto il giorno centinaia di persone di ogni età sedevano sotto i rami dei ciliegi sui teli e tovaglie; il rumore dell'acqua che zampillava dalle pescaie si confondeva con il brusio allegro delle loro voci. Io camminavo, su e giù fra la stazione di Shukugawa e quella di Kurakuen stando attenta alle radici dei pini, passando sotto il ponticello della ferrovia, attraversando il fiumiciattolo saltando da una pietra all'altra.
Sarebbe potuto essere il periodo più triste, e invece fu uno dei più belli. In quei giorni non esisteva altro che la percezione del tepore del sole che filtrava attraverso i fiori e il lento scorrere dei petali trascinati dalla corrente del fiume. Quando capitava che tornassi tardi, dopo l'imbrunire, percorrevo l'ultimo tratto dalla stazione a casa lungo le rive buio del fiume, e osservavo le chiome dei ciliegi riflettere la pallida luce della luna. Se la mia vita mi appariva misera e squallida, il paesaggio di quei giorni mi convinceva che nessuno dei miei difetti era abbastanza grave da intaccare la bellezza del mondo.

Da quando sono tornata, mi sono resa conto di cercare  i sakura in tutti gli alberi in fiore che vedevo, quasi fosse un bisogno fisiologico. Ormai la fioritura fa parte del mio essere, e a volte gongolo all'idea (sbagliata) che forse dentro di me sono un po' giapponese.
La verità è che i gaijin restano gaijin e che questa nostalgia dipende esclusivamente dal fatto che i ciliegi giapponesi si limitano a esercitare lo stesso fascino su tutti, indistintamente.
Si dice che nel tronco dei ciliegi scorra una forza vitale portentosa, e che riposarsi alla loro ombra risani e rinforzi anche lo spirito degli esseri umani.
Di conseguenza sono giunta alla conclusione che fra tutte le miriadi di motivi per cui i giapponesi sono tanto teneramente affezionati a questo piccolo miracolo della natura, la ragione principale sia questa: sotto un sakura in fiore ci si sente meglio.
I problemi non spariscono, le angosce non si cancellano, ma tutti i nostri affanni vengono messi in disparte dallo stupore e dalla meraviglia.

L'Occidente non lo sa fare. Noi non siamo più capaci di fermarci davanti a un albero o a un cespuglio per notare i suoi cambiamenti. Non ci accorgiamo quando un prato invernale si trasforma in un prato primaverile - e badate bene che la differenza è abissale.
Questa trascuratezza, queste disattenzioni, si riflettono nel modo con cui ci rapportiamo agli altri esseri umani. Non ci accorgiamo di come cambiano, di come la vita li segna, non notiamo quando fioriscono. Solo quando appassiscono, un po' come i fiori, solo allora ci rendiamo conto che qualcosa viene a mancare e ci lamentiamo di non esserci soffermati a godere di quel qualcosa quando ancora c'era. E' un peccato.

26 mar 2016

L'introduzione più impacciata mai scritta per Kawabata Yasunari


Quando si parla di letteratura giapponese in Italia, spesso la gente pensa subito a Haruki Murakami o Banana Yoshimoto. Alcuni nomineranno Kenzaburo Oe.
Ovviamente limitarsi a tre nomi è un po' restrittivo, ed è anche per questo che nasce il mio blog: per dare la possibilità a sempre più persone di conoscere la letteratura giapponese.
E si sa bene quanto, attraverso la letteratura di un Paese, se ne arrivi a conoscere e comprendere la cultura stessa.

In passato ho già parlato di Akutagawa (su cui ritornerò spesso) e di Soseki: ovviamente non ho toccato che alcuni degli aspetti interessanti della loro produzione letteraria.
Oggi però voglio dedicarmi ad un altro autore giapponese a cui mi sono avvicinata recentemente e che di sicuro merita qualche post tutti per sé.
Di chi si tratta? Ma di lui, Kawabata Yasunari, il primo giapponese a vincere il premio Nobel per la letteratura, nel 1968!

Confesso di averlo sempre un po' trascurato, innamorata come sono della letteratura giapponese dell'era Meiji-Taisho.
Però il nome di Kawabata continuava irrimediabilmente a saltare fuori ovunque, prima con Akutagawa, poi con Mishima... alla fine comunque mi sono decisa a prendere in mano un suo libro per una banale coincidenza.
È stato solo un mesetto fa, mentre stavo sfogliando le pagine del libro di storia che mi avevano dato al liceo in Giappone alla ricerca di notizie su Hiratsuka Raicho (se non sapete chi è, in fondo a questa pagina c'è una barra di ricerca direttamente collegata a Wikipedia! ;) ), che una foto di Akutagawa ha magneticamente attratto il mio occhio. Sotto il suo primo piano, c'era un'altra foto raffigurante dei giovani scrittori elegantemente seduti intorno a un tavolo.
Gli occhi di uno di loro, esageratamente grandi per un viso così minuto e spigoloso, sembravano più vivi e luminosi di tutti gli altri. L'impressione che ho avuto, è stata di trovarmi di fronte a un imbucato: in mezzo a quei giovani seriosi, lui pareva così fuori posto da essere pronto a schizzare via come un gatto non appena la foto fosse stata scattata.
Spero che perdonerete l'indiscrezione delle mie parole, ma converrete con me che anche da vecchio, Kawabata conservò la stessa aria da monello che aveva in quella foto.
Il giorno dopo ero già corsa in biblioteca per prendere in prestito una raccolta di suoi romanzi.

E così, alla fine ho capito cosa convinse la giuria, ormai 58 anni fa, ad assegnare per la prima volta il tanto ambito Nobel a un giapponese. La ragione che fornì il comitato fu "per il suo mistero narrativo e la grande sensibilità che esprime l'essenza della mentalità giapponese".
È una frase alquanto riduttiva che voglio cercare di sviscerare con voi  prossimamente entrando dentro le opere di Kawabata.

Sono convinta che a volte per capire le opere di scrittori così lontani da noi sia fondamentale conoscere la loro biografia - Akutagawa ne è un esempio abbastanza calzante.
Per Kawabata invece sono pronta ad affermare il contrario, e cioè che la vita fu straordinaria al pari dei suoi romanzi e che paradossalmente, il conoscerla prima di aver letto le sue opere sia superfluo se non addirittura fuorviante.
Invito anche voi dunque a lasciare da parte la biografia e di cominciare a leggere.

Il primo indizio dell'indescrivibile bravura narrativa di Kawabata sta nel "primo paragrafo".
Prendete una qualsiasi sua opera e iniziate a leggerla: ci sarà un punto nella prima o nella seconda pagina in cui già vi stupirete di un suono, di un odore, della vivacità di un colore o dell'intensità di un'emozione e tutto sarà così reale da togliervi il fiato. E quando realizzerete che questa cosa così reale in realtà sta unicamente nella vostra testa e vi chiederete in quale frangente avete smesso di percepire ciò che vi circonda e siete silenziosamente scivolati nel mondo che esiste solo dentro le quelle pagine, vi accorgerete che è bastato un paragrafo. Per "Il suono della montagna" bastano quattro righe, e la magia è fatta.
Questa abilità, riscontrata in Kawabata e in pochissimi altri, mi commuove e costituisce nel mio cuore di scrittrice in erba il traguardo più alto a cui possa aspirare.

Con Kawabata, il capriccio del lettore che non si accontenta della bella storia e della descrizione realistica, ma per cui il libro deve costituire un'esperienza, trova pieno appoggio.
Le opere di Kawabata sono viaggi. Sono mondi dentro ai quali si aprono e si chiudono centinaia di altri mondi.Belle. Belle da togliere il fiato.

Le opere di Kawabata di cui parlerò prossimamente per adesso sono:

  • Il suono della montagna
  • Il paese delle nevi
  • Mille gru
Se ci sono opere di Kawabata o di altri autori giapponesi che vorreste leggere e di cui desiderate un parere, non esitate a contattarmi tramite la mia e-mail, nei commenti o su facebook. 

Se invece il post vi ha incuriosito potete iscrivervi alla newsletter del blog.

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1 mar 2016

Mostra di pittura di Antonio Borracci e Murasaki



Siamo lieti di presentarvi la mostra di pittura di Antonio Borracci.
L'artista, che dipinge da oltre trent'anni, ha deciso di esporre le sue ultime opere al pubblico.
L'autore è specializzato in paesaggi toscani che sotto la sua pennellata diventano vere e proprie finestre sul mondo, si animano, vibrano di luci e ombre.
L'esposizione è perciò dedicata al riflesso dove i fiumi nei quadri si trasformano in specchi e i quadri stessi rimandano immagini del mondo formidabilmente vive e pulsanti.
Le opere saranno accompagnate dalle poesie della giovane Murasaki Kotone (haigo della scrittrice Dafne B.) che contaminerà la mostra con un sapore orientale.
La stessa scrittrice presenterà un tema diverso ogni sera, e instaurerà con il pubblico delle conversazioni sulla letteratura e la cultura giapponese.


Cari lettori,

finalmente mio padre Antonio Borracci ha acconsentito a mettere in mostra i suoi ultimi lavori artistici.
Ha frequentato l'Accademia di Belle Arti di Firenze e negli ultimi trent'anni ha continuato a dipingere, sebbene solo per hobby, arrivando a sviluppare una tecnica particolare che fa prendere vita ai suoi paesaggi.

In casa siamo tutti in fibrillazione, io per prima visto che in questa mostra ho messo un po' del mio...
Infatti, le opere saranno accompagnate da mia poesie e, udite udite, ogni sera della mostra ci sarà un intervento a tema sulla letteratura e la storia giapponese!

La mostra si terrà a Firenze in via di Ripoli n° 74 (zona viale Europa).
L'inaugurazione sarà sabato 5 marzo 2016 alle ore 16.00.
L'esposizione sarà visitabile tutti i giorni dalle 16.00 alle 19.00 fino a sabato 12 marzo 2016, pomeriggio in cui si estrarrà il biglietto vincente della lotteria di beneficenza a favore di Margherita, affetta da malattia rara e bisognosa di continue e costose cure.
Il premio in palio è un quadrò dell'autore, dipinto a olio su tela, dimensioni 30x40, raffigurante un paesaggio marino.
L'ingresso alla mostra è completamente gratuito.

Siete tutti caldamente invitati a partecipare e a portare con voi amici, parenti e conoscenti. Per confermare la vostra presenza o per invitare altre persone, qui troverete l'evento su facebook.
Vi aspettiamo numerosi!

Di seguito trovate la locandina dell'evento e il programma degli incontri.






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