16 apr 2017

« silenzio »

Tu eri ovunque.
Con un tremito, il calore del tuo petto si è diffuso fino alla punta delle mie dita.
E credo di averti amato incondizionatamente, come la sabbia del deserto può amare un temporale.

Eri ovunque e sotto il mio tocco la tua pelle ammetteva di essere vulnerabile - vulnerabile e sincera.
Nessuna stupida barriera, nessuna finzione.
Solo... coraggio.


«Coraggio e amore».

Finalmente, guardandoti negli occhi, ho capito cosa significasse.
Mi chiedi di lasciarmi andare, di non avere più paura di soffrire se questo mi impedisce di vivere.
Ma come faccio, quando mi rivolgi sguardi così indecifrabili da sembrare carichi di rabbia?
Come faccio quando, come ieri, concentri tutto il mondo in un solo respiro e un attimo dopo sei ovunque - siete ovunque, tu e il mondo intero, e mi scivolate dentro prima che me ne accorga?

E la mia testa macina, macina pensieri fino a ridurli in polvere, lavora di continuo, instancabilmente...
Ma all'improvviso tu eri ovunque e finalmente io, anche se per un istante brevissimo, in testa ho sentito solo silenzio.


14 apr 2017

A galla

Scrivo qui perché non so da chi andare.
Perché non sono stata un'amica abbastanza buona per meritarmi la comprensione e l'ascolto di qualcuno, oggi.
Tutti immersi nelle proprie vite, tutti sepolti di speranze - piccoli lumini che indicano la direzione nei momenti più bui.

E io?
Fuori la primavera esplode di luce e mi costringo a sorridere, poi mi guardo dentro e vedo solo buio.

Stasera tornerò a casa, mi chiuderò in camera, mi seppellirò sotto le coperte e dormirò finché il mio corpo avrà vita.
Dormirò così profondamente da dimenticare chi sono. Dimenticherò perfino che il mondo esiste e lo scorrere del tempo diventerà un'opinione come un'altra.

Credo di soffrire di depressione. Come ogni altro membro della mia famiglia, in fondo - solo che qui nessuno lo ammette: ci limitiamo ad accusarci in silenzio l'uno dell'infelicità dell'altro.

Stasera scapperò di casa e berrò così tanto da non sentire più le braccia e le gambe. Berrò finché non scorderò il mio nome.
Proverò tutte le droghe, dalla più leggera alla più pesante, solo per riuscire a immaginare cosa si provi a essere felici.
Dicono che basta un minimo sforzo in più per prendere in mano il timore e invertire la rotta verso mari più calmi ma io, davvero, non ce la faccio. Voglio solo dormire - seppellire tutto sotto le coperte, annegare ogni cosa in un altro boccale di birra, soffocami con una manciata di pasticche.

Ma io non posso morire.
Poi chi lo paga il funerale?
E poi, mia madre e mia sorella non meritano questo dolore.
Tengo duro.
Se muoio, voglio essere cremata. Per la sepoltura la fossa comune va più che bene. Sono almeno tremila euro.
Poi c'è quel debito per la retta scolastica.
Se accetto di continuare questo lavoro infernale, tra tre o quattro mesi avrei la cifra giusta.

Fra me e il cielo d'aprile c'è il finestrino sporco dell'autobus.
Stasera non posso dormire - devo scrivere.
Ho avuto la brillante idea di mandare tre capitoletti di un aborto a un tizio che non capisce un cazzo di come va il mondo. Lui vuole che io scriva, scriva, scriva...
Per cosa, soldi? No. Per il mio sogno.
Come se lui sapesse qual è il mio sogno. Come se io avessi un sogno.
Come se qualcuno potesse calcolare quanti stipendi deve ricevere prima di potersi uccidere e avere un sogno contemporaneamente.

La mia vita è una prigione.
La mia casa è una prigione.
La mia testa è una prigione.
Sorrido, perché non posso morire. Tengo duro per mia madre, per mia sorella...
Di mio padre invece non mi importa niente. Anzi, godo un po' all'idea del dispiacere che gli darei.
Mio padre è un aguzzino, un carceriere, un avvoltoio: intorno a lui vortica un alone di negatività che risucchia tutto, come un buco nero.
Mio padre è un parassita, un tritatutto, un inceneritore.
Con la sua rabbia, la sua debolezza e la sua paura strappa via tutto quello che esiste di bello, lo rosicchia fino all'osso con la precisione di un formicaio.
Se hai un sogno, lui lo distruggerà.
Se hai una passione, lui la farà a pezzi.
Se avrai del coraggio, lui ci sputerà sopra.
Sarà la lama affilata che cercherà di tagliarti le ali non appena accennerai a spiegarle e il muro contro cui rimbalzerà ogni tentativo di dialogo.

In macchina gli racconto di una borsa di studio per frequentare l'Università in Giappone. Sarebbe tutto pagato e avrei uno stipendio mensile, certo, non è facile vincerla, dovrei studiare molto e con il poco tempo a disposizione mi sento insicura...
- Perché in Giappone? E' lontano.
Lui mi deve tenere con sé, chiusa in una gabbia d'oro, come un uccellino tropicale.
Lui deve avere il controllo, deve sbirciare, deve frugare, deve insinuare.
-Perché sarei felice!-, ribatto.
Ma lui non sembra capire, non può capire.
"Vorrei che sparissi".

"Ma tu, ti credi un padre?", penso. "Per me non lo sei. Per me sei un mollusco, un invertebrato.
Dalla tua bocca escono solo pretese egoistiche, tentativi di scoraggiare e altra brodaglia nauseabonda.
Quando sono in casa, mi giri intorno di continuo solo perché sai che mi fa sentire oppressa.
Perché sai che mi fa sentire controllata - povero illuso, non sai niente di me.
Non meriti di sapere niente".

E anche stasera mi calpesta.
Tra due mesi scade il contratto di stage e forse l'azienda mi assumerà. Io non voglio. Non mi piace e il posto è così lontano che non ho più una vita.
Ho vent'anni e non ho più una vita.
E sono così stanca che andrei a letto subito e fanculo a tutte le altre cose che devo fare.
-Seh, impossibile! Non puoi continuare a fare avanti e indietro!
-Sarebbe temporaneo, finché non trovo un lavoro più vicino-, la mia voce è un sussurro. Non ho voglia di parlare con lui.
-Che aspetti a cercare?
-Non ho avuto tempo.
Non ho tempo neanche per dormire.
-Vai sabato a cercarlo, no?
"No, cazzo, TU vai a cercarlo!".

A casa ha presentato le spese di aprile: tra bollette e altri affari, ammonteranno a quasi ottocento euro.
- Come facciamo?
Mi sta chiedendo dei soldi.
Lui che non lavora da tre anni, con due figlie, un sacco di tempo libero sta chiedendo dei soldi a me, vent'anni, un contratto di stage, zero tempo, che sto soffocando ogni mia passione e fonte di felicità e faccio elucubrazioni sulla morte!
Mia sorella mi chiede che ho - mento, dico che sono solo stanca.
In realtà sto trattenendo le lacrime.
"Ma tu, ti credi un padre?".

Sei solo una persona tossica, soffocante, sei un veleno.
Mi stai uccidendo.
Stai uccidendo tutti in questa casa.
Se ci avessi amato avresti trovato un lavoro, uno qualsiasi, e ci renderesti fiere di avere un padre come te. Se ci avessi amato, avresti quantomeno tentato di incoraggiarci nella nostra strada per la felicità.
E se non ce l'avessi fatta, avresti avuto almeno la dignità di sparire.
Ma tu non sai amare. Sai solo riempirti la pancia con le vite degli altri.

Tutti i post: