6 mag 2016

In principio, la donna era il sole - traduzione del saggio di Hiratsuka Raicho (parte 1)



Sapete che ogni tanto mi diletto a tradurre testi dal giapponese all'italiano. Solitamente scelgo cose pure un po' vecchiotte, e ammetto che non  è mai un'impresa facile.
Di seguito trovate la prima parte del saggio con cui Hiratsuka Raicho, la più famosa femminista giapponese, inaugurò la sua rivista "Seitou" (Calzetta Blu) nel 1911.
La traduzione non è perfetta e non prendetela al 100% per buona: come vi ho detto, non sono né una professionista né un'esperta del giapponese di centoquindici anni fa.
Mi sono sforzata per conservare il senso originale dei discorsi.
A breve troverete un post con la biografia di Hiratsuka Raicho.
Buona lettura!!

In principio, la donna era il sole - Hiratsuka Raicho



In principio, la donna era il sole. Era un autentico essere umano. Ora, la donna è la luna. La sua vita dipende dagli altri, brilla della luce altrui ed è una luna dal volto pallido come  un malato.
Ed ecco che allora, proprio qui, “Calzetta blu” ha levato il suo primo pianto di neonato; “Calzetta blu”, creata per la prima volta dall’intelletto e dalle mani delle moderne donne giapponesi, ha levato il suo pianto di bambino appena venuto al mondo.
Tutto quello che fa la donna, adesso non attira altro che insulti e risa di scherno.
E io conosco bene la sensazione di tremare sotto quegli insulti e quelle risate sprezzanti.

Tuttavia  non mi arrabbio neanche un po’.
Ma come può fare la donna, vedendo costantemente in sé la crudeltà della timidezza e dell’umiliazione che si rinnovano?
La donna è un oggetto da valutare al pari del vomito fino a questo punto o, piuttosto, è un autentico essere umano?

Noi abbiamo fatto l’unica cosa possibile per una donna di oggi: abbiamo unito tutti insieme i nostri cuori e abbiamo dato vita a questo bambino, “Calzetta blu”. Ecco, non possiamo farci niente se è un bambino poco dotato d’intelletto, deformato e prematuramente nato: per adesso dovremmo accontentarci di questo.
Ma come c’era da aspettarsi, unire tutti i nostri cuori sarebbe bastato? Oh, trovatemi qualcuno, qualcuno che si accontenti...
Dal canto mio, qui, vedo  rinnovato in me un senso di insoddisfazione ancora maggiore nei confronti della donna.
Fino a questo punto la donna è un essere privo di qualsiasi forza o è, piuttosto, un autentico essere umano?

Tuttavia, anch’io dando vita a “Calzetta blu” in un tardo pomeriggio di mezz’estate solo per sopprimere il caldo insopportabile, ho capito che la serietà veemente di cui sono dotata non era cosa da lasciarsi sfuggire.
Serietà!, serietà! Noi non facciamo affidamento che su questa.
La serietà è la forza della preghiera. E’ la forza della volontà. E’ la forza della meditazione in cima a una montagna e dello Shintō. Per dirla con altre parole, è l’abilità con cui la mente si concentra e, la concentrazione della mente, è quell’unico portale capace di metterci misteriosamente in comunicazione.
Ho appena detto “misteriosamente”; ma effettivamente, non si tratta del “mistero” al di sopra della verità testabile, che si allontana dalle cose tangibili e esistenti, o le fandonie frutto delle nostre menti e delle nostre dita che si scrivono a causa dei nostri nervi sensibili. Non è un sogno.
Mi rifiuto di credere che lo spirito sia solo la realtà visibile nell’abisso della nostra soggettività, dentro la meditazione nelle profondità dell’essere umano così com’è .
In mezzo alla concentrazione dello spirito, penso che noi dovremmo cercare il nostro Genio.
Il genio è il nostro spirito stesso. È l’autentico essere umano che c’è in noi.
E il genio non è né maschile, né femminile.
La discriminazione di genere tra l’uomo e la donna, se posta sulla scala della concentrazione dello spirito, mi pone nel mezzo fra il livello medio e il più basso: apparentemente faccio parte delle cose mortali che dovrebbero essere distrutte, e non sono in condizione di poter raggiungere il livello più alto dove risiede la me stessa immortale e indistruttibile.

Un tempo non sapevo ancora che a questo mondo ci fosse qualcosa chiamato donna. Né sapevo che ci fosse qualcosa chiamato uomo.
Il mio cuore rimandava costantemente il riflesso di tanti uomini e tante donne, tuttavia  non li vedevo differenti in quanto donne o in quanto uomini.
La condotta oltraggiosa che scaturisce naturalmente da una forza d’animo così eccessiva da bruciare è difficile che ritorni come prima, e io sono collassata di fatica per aver cercato di riparare al danno che ho fatto.
La debolezza del carattere! In realtà è questa la prima cosa che caratterizza la donna. E al tempo stesso l’uomo. È così che io ho imparato in questo mondo la parola morte.
La morte! Il terrore della morte!
Io che un tempo, elevata tra il cielo e la terra, giocavo lungo la costa della vita e della morte, oh!, allora i miei piedi inciamparono nella morte, nelle cose che dovrebbero essere distrutte, in ciò che viene chiamato donna.
Allora vivevo dentro una massa uniforme che a un certo punto fu fermata in tutta la sua confusione, e tutti i petti pieni di quei respiri spezzati, quelli destinati a diventare impuri, furono presi e chiamati “donne”.

E così, il fatto di ignorare che noi stesse potevo diventare in grado di raggiungere l’ascesi del Bishamonten, ha contribuito a formare nient’altro che un branco di fataliste che a malapena riescono a coordinare il loro passo, figuriamoci a sortire un qualsivoglia effetto. Ah, solo al pensiero un sudore freddo mi scivola sulla pelle.
Ho pianto, ho pianto in modo vergognoso per le corde della mia arpa che si sono allentate dopo averla suonata notte e giorno e per le mie condizioni sempre più deboli.
Quando scoprii che siamo noi stessi a formare il carattere dei nostri simili fui abbandonata dal Genio, proprio come una ninfa celeste a cui viene strappato via il fluttuante abito di piume, o una sirena che viene trascinata a riva.
Ho sospirato, ho sospirato pateticamente per aver perduto sia la mia estasi, sia la mia ultima speranza.

Così stando le cose, io ero nuovamente la padrona in grado di controllare tutta l’angoscia e il mio smarrimento, tutta la fatica, lo squilibrio mentale e la rovina.
Io ero stata costantemente la mia padrona, il controllo di me era un mio personale diritto, e la mia piena soddisfazione stava nel diventare l’unica persona responsabile della mia indipendenza e della mia libertà, senza alcun rimorso neanche se avessi finito per crollare sotto la mia stessa autodistruzione; sono arrivata fin qui procedendo incessantemente per il giusto cammino, affrontando uno ad uno i problemi che si sono presentati.
Oh, l’oscurità delle mie radici si trasformerà di certo in un futuro brillante!
Grazie allo splendore che scorre fuori da me e la mia passione febbricitante, il mondo intero riuscirà a vedere con chiarezza? Un Genio potrà mai diventare il Sole che eleverà il Creato? Sarà mai un autentico essere umano?

In principio, la donna era il sole. Era un autentico essere umano. Ora, la donna è la luna. La sua vita dipende dagli altri, brilla della luce altrui ed è una luna dal volto pallido come  un malato.

Noi ora dobbiamo riprenderci il nostro sole nascosto.
“Il nostro sole nascosto rivelerà il Genio che giace addormentato dentro di noi”, così il grido che con costanza rivolgiamo dentro di noi, l’aspirazione che difficilmente si può tenere schiacciata a terra o cancellare, tutto il nostro istinto parziale mescolato che compete, è l’insieme unito della nostra personalità.
Quel grido, quell’aspirazione, quell’ultimo istinto sono sicuramente la basi per una concentrazione spirituale passionale.
Così, l’alto trono del Genio risplende nel punto estremo che possiamo raggiungere.

Nel primo articolo del regolamento della Società della Calzetta Blu sta scritto che in futuro lo scopo della donna dovrà essere quello di partorire il suo Genio.
Questo è il Genio che giace addormentato in ognuna di noi donne, nessuna esclusa. E’ la possibilità di possederlo, questo Genio. La possibilità si trasformerà in realtà e allora non ci sarà alcuna differenza tra possibilità e verità.
Per la sete di questa concentrazione dello spirito ingigantiamo le nostre facoltà, ci liberiamo di tutte le potenzialità latenti che non ci serviranno mai, perché in fondo, senza rendere visibili le nostre potenzialità, non riusciremmo a sopportare l’insoddisfazione per quel poco che ci resta da vivere.

“I sentimenti della donna sono in superficiali, diventano bolle frivole e spensierate che galleggiano sulla superficie dell’acqua. Al contrario, i sentimenti degli uomini sono profondi come l’acqua che sgorga da una caverna sotterranea”, disse Zarathustra. A lungo il fatto che fossero preferibilmente le donne a seguire le faccende domestiche veniva dato per scontato e in questo modo la concentrazione dello spirito ha finito per indebolirsi del tutto. Le faccende domestiche sono sempre state fatte da loro grazie a un’attenta divisione e all’ambiguità.
L’attenzione della concentrazione dello spirito, la manifestazione del nostro Genio assopito mi metterebbe in circostanze inadeguate per la società, e di conseguenza io mi sono definitivamente stancata di questi compiti vessatori.
Una vita problematica divide i sessi su molti piani, li complica oltremodo, ma quei piani e questa complessità stimolano la manifestazione del Genio e tante altre situazioni  in modo proporzionalmente inverso.

Probabilmente non c’è nessuno che si pone dubbi a proposito del Genio nascosto.
Non ne abbiamo forse oggi la prova inconfutabile grazie alla psichiatria? Anche una qualsiasi persona che non sia entrata in contatto con nessuna religione o filosofia adesso, grazie all’ipnosi, sviluppata inizialmente dall’austriaco Anton Mesmer a metà del XVIII secolo grazie ai risultati della sua pazienza e perseveranza, è diventata spunto di  diligenti ricerche  per gli accademici di oggi, e non dubitano probabilmente della quantità di conoscenze accumulate su questa disciplina. Non importa quanto fragile,  ma quando entra in uno stato di ipnosi e si trova fra l’essere e il non essere, la vita e la morte, anche una donna con il giusto stimolo manifesta in sé una gigantesca forza; è qualcosa di inaspettatamente miracoloso, o per meglio dire inesplicabile, eppure abbiamo avuto conferma più volte con i nostri occhi del fatto che una campagnola analfabeta parli bene una lingua straniera o inventi poesie. E ancora, in casi d’emergenza come incendi, terremoti o guerre, tutti hanno sperimentato lavori che di solito non avevano neanche avuto occasione di immaginare.
In uno stato di ipnosi completa, tutti i nostri comportamenti spontanei si rilassano e liberandosi dai pensieri inutili e gli accademici dicono che appariamo nel nostro genuino stato mentale.
Se così fosse, questa sarebbe la condizione più vicina alla manifestazione del Genio dormiente che intendo io.  Dal momento che su di me l’ipnosi non sortisce alcun effetto, con mio dispiacere non posso affermare niente, ma almeno posso dire che le due cose hanno confini molto simili.

5 mag 2016

Mhuir



Le onde dei suoi capelli sfidavano la brezza oscillando senza scompigliarsi: la sua chioma assomigliava a una di quelle tende che si gonfiano col vento.
Si chiamava Rose.
Guardava il mare posando le candide mani sulla balaustra del terrazzo del sanatorio e sul suo viso la salsedine si mischiava alle lentiggini.
Poi Rose sparì e nessuno la trovò mai. Qualcuno era convinto che si fosse buttata nell'oceano, altri pensavano che si fosse persa nel bosco e fosse morta.
L'unica a sapere la verità era una tortora grigia: dalla cima del pino aveva visto tutto e, se avesse potuto, avrebbe riso sotto i baffi perché Rose... lei li aveva fregati tutti.
Ma era solo una tortora e non poteva certamente ridere sotto i baffi, quindi si limitò a tubare un altro po' finché non si dimenticò di Rose, come tutti gli altri prima di lei.

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