30 apr 2016

Aware e altre cose indefinite - racconto



Ciglia fitte intrappolavano la luce del sole proiettando un’ombra scura sulle sue guance.
Era il quinto mese dell’ennesimo anno.
La pelle diafana catturava la luce del tramonto suscitando in chiunque l’avesse guardato la stessa sensazione di quando si osserva un campo di grano maturo.

Sfrecciando sulla sua bicicletta, la ragazza scivolava silenziosamente da una pozzanghera di luce di un lampione a un’altra.
Gli intervalli fra un pezzo di strada illuminata e l’altro erano interminabili: era come essere inghiottiti dalla notte. La ragazza in quei momenti provava una sensazione mista di eccitazione e paura e si chiedeva cosa sarebbe successo se per caso quel buio l’avesse risucchiata.
A sinistra c’era un campo incolto e il bosco sulla collina, a destra scorreva il fiume. C’erano, ma non si vedevano.  In compenso se ne sentiva perfettamente il suono.
E, ad un tratto, il sensuale profumo dell’osmanto riempì l’aria della notte.

La fabbricante di sogni appuntava una matita.
Nella penombra della sua stanza in cima alla torre della stazione meteorologica, seduta sul pavimento, girava l’appunta matite energicamente. Intorno alle sue gambe i trucioli dell’appuntatura si arrotolavano in spirali smisurate.
«Ma non è già abbastanza appuntita?».
Senza alzare gli occhi, la fabbricante di sogni replicò che servono matite molto affilate per sperare che si conficchino nel cuore delle persone.
Fuori, il tempo aveva fatto crescere intorno alla torre una fitta rete di edera rampicante che impediva alla luce del sole di filtrare dalle finestre.

Un cartello di legno con una scritta di vernice rossa sbiadita recitava: “sentiero per i fantasmi”. Indicava una salita stretta e ripida scavata fra gli alberi di betulla.
L’uomo a malincuore dovette lasciare i suoi ultimi effetti personali in un angolo della radura. Una volta alleggerito e con le mani vuote cominciò a salire il pendio aggrappandosi ai tronchi bianchi degli alberi.
Accanto alla sua valigetta di pelle, al suo orologio e  al suo cappello nero, erano ammassati anche un tavolo da biliardo, un tappeto arrotolato, una bambola, un vecchio specchio di bronzo e centinaia di altri oggetti.

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