26 mar 2016

L'introduzione più impacciata mai scritta per Kawabata Yasunari


Quando si parla di letteratura giapponese in Italia, spesso la gente pensa subito a Haruki Murakami o Banana Yoshimoto. Alcuni nomineranno Kenzaburo Oe.
Ovviamente limitarsi a tre nomi è un po' restrittivo, ed è anche per questo che nasce il mio blog: per dare la possibilità a sempre più persone di conoscere la letteratura giapponese.
E si sa bene quanto, attraverso la letteratura di un Paese, se ne arrivi a conoscere e comprendere la cultura stessa.

In passato ho già parlato di Akutagawa (su cui ritornerò spesso) e di Soseki: ovviamente non ho toccato che alcuni degli aspetti interessanti della loro produzione letteraria.
Oggi però voglio dedicarmi ad un altro autore giapponese a cui mi sono avvicinata recentemente e che di sicuro merita qualche post tutti per sé.
Di chi si tratta? Ma di lui, Kawabata Yasunari, il primo giapponese a vincere il premio Nobel per la letteratura, nel 1968!

Confesso di averlo sempre un po' trascurato, innamorata come sono della letteratura giapponese dell'era Meiji-Taisho.
Però il nome di Kawabata continuava irrimediabilmente a saltare fuori ovunque, prima con Akutagawa, poi con Mishima... alla fine comunque mi sono decisa a prendere in mano un suo libro per una banale coincidenza.
È stato solo un mesetto fa, mentre stavo sfogliando le pagine del libro di storia che mi avevano dato al liceo in Giappone alla ricerca di notizie su Hiratsuka Raicho (se non sapete chi è, in fondo a questa pagina c'è una barra di ricerca direttamente collegata a Wikipedia! ;) ), che una foto di Akutagawa ha magneticamente attratto il mio occhio. Sotto il suo primo piano, c'era un'altra foto raffigurante dei giovani scrittori elegantemente seduti intorno a un tavolo.
Gli occhi di uno di loro, esageratamente grandi per un viso così minuto e spigoloso, sembravano più vivi e luminosi di tutti gli altri. L'impressione che ho avuto, è stata di trovarmi di fronte a un imbucato: in mezzo a quei giovani seriosi, lui pareva così fuori posto da essere pronto a schizzare via come un gatto non appena la foto fosse stata scattata.
Spero che perdonerete l'indiscrezione delle mie parole, ma converrete con me che anche da vecchio, Kawabata conservò la stessa aria da monello che aveva in quella foto.
Il giorno dopo ero già corsa in biblioteca per prendere in prestito una raccolta di suoi romanzi.

E così, alla fine ho capito cosa convinse la giuria, ormai 58 anni fa, ad assegnare per la prima volta il tanto ambito Nobel a un giapponese. La ragione che fornì il comitato fu "per il suo mistero narrativo e la grande sensibilità che esprime l'essenza della mentalità giapponese".
È una frase alquanto riduttiva che voglio cercare di sviscerare con voi  prossimamente entrando dentro le opere di Kawabata.

Sono convinta che a volte per capire le opere di scrittori così lontani da noi sia fondamentale conoscere la loro biografia - Akutagawa ne è un esempio abbastanza calzante.
Per Kawabata invece sono pronta ad affermare il contrario, e cioè che la vita fu straordinaria al pari dei suoi romanzi e che paradossalmente, il conoscerla prima di aver letto le sue opere sia superfluo se non addirittura fuorviante.
Invito anche voi dunque a lasciare da parte la biografia e di cominciare a leggere.

Il primo indizio dell'indescrivibile bravura narrativa di Kawabata sta nel "primo paragrafo".
Prendete una qualsiasi sua opera e iniziate a leggerla: ci sarà un punto nella prima o nella seconda pagina in cui già vi stupirete di un suono, di un odore, della vivacità di un colore o dell'intensità di un'emozione e tutto sarà così reale da togliervi il fiato. E quando realizzerete che questa cosa così reale in realtà sta unicamente nella vostra testa e vi chiederete in quale frangente avete smesso di percepire ciò che vi circonda e siete silenziosamente scivolati nel mondo che esiste solo dentro le quelle pagine, vi accorgerete che è bastato un paragrafo. Per "Il suono della montagna" bastano quattro righe, e la magia è fatta.
Questa abilità, riscontrata in Kawabata e in pochissimi altri, mi commuove e costituisce nel mio cuore di scrittrice in erba il traguardo più alto a cui possa aspirare.

Con Kawabata, il capriccio del lettore che non si accontenta della bella storia e della descrizione realistica, ma per cui il libro deve costituire un'esperienza, trova pieno appoggio.
Le opere di Kawabata sono viaggi. Sono mondi dentro ai quali si aprono e si chiudono centinaia di altri mondi.Belle. Belle da togliere il fiato.

Le opere di Kawabata di cui parlerò prossimamente per adesso sono:

  • Il suono della montagna
  • Il paese delle nevi
  • Mille gru
Se ci sono opere di Kawabata o di altri autori giapponesi che vorreste leggere e di cui desiderate un parere, non esitate a contattarmi tramite la mia e-mail, nei commenti o su facebook. 

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