7 ago 2016

Diario di viaggio - Zoshigaya (5 e 6 agosto 2016)

6/8/2016


Inauguro il blocco mentre aspetto il secondo Shinkansn della mia vita. Stavolta la direzione è Matsumoto.
Sento di aver fatto la cosa giusta, con questo viaggio. Non esiste posto al mondo in cui mi senta così a casa: alquanto strano, visto che in Giappone sono dstinata a una vita solitaria... in questi due anni in Italia, però, c'è mai stato un momento in cui non mi sia sentita sola? Il mio cuore è sepre rimasto qui, lo realizzo ora più che mai.
La stazione di Ueno è un enorme incrocio di vite: migliaia di persone si passano accanto frettolosamente senza mai guardarsi in faccia. I loro passi hanno consumato questo posto che adesso sembra uscito da qualche angolo della mia infanzia.
L'aria umida di Tokyo ha esattamente lo stesso odore dolciastro di tre anni fa e quando me ne sono accorta mi sono stupita di quanto il cervello umano sia strano: chissà perché ero convinta che quel profumo fosse emanato dalla pelle del mio fratellino ospitante di Osaka. E' un odore particolare di umidità stagnante mista a un profumo indistinto, pulito, come appena usciti dalla doccia, dove di tanto in tanto si insinua una corrente di aria fresca. Se chiudo gi occhi, ritorno alla stazione di Juso: sto aspettando il treno per Ashiya, è una mattina di settembre e indosso la mia divisa alla marinara bianca.
Fino a due giorni fa questi ricordi mi facevano male ma ora, stranamente, li accolgo con una sorta di sollievo, come se finalmente avessi trovato loro un posto. Non saprei dire se ho fatto pace con il Giappone durante questi due anni o nell'istante esatto in cui ci ho rimesso piede. Fatto sta che mi mancava così tanto da stare male.
Ieri sono stata a Zoshigaya: pensavo di trovarci anche Akutagawa e invece c'era solo Natsume Soseki. Era la prima volta che entravo in un cimitero buddista e l'ho trovato estremamente toccante. Le tombe sono altari di pietra su cui sono scolpiti a fondo ideogrammi cinesi per me incomprensibili. Il colore delle pietre tombali va dal nero lucido al grigio chiaro, in ogni caso il bianco dei nostri cimiteri non compare. Non ci sono foto, né date, né lucine: tutto è estremamente anonimo. Su alcune steli non compare neanche il nome che il defunto portava in vita. Fra le tombe crescono liberamente alberi e cespugli che proteggono le lapidi dal sole e dal caldo.
Ho deposto in giglio bianco sulla tomba di Soseki e poi sono stata lì giusto il tempo di una preghiera. Sento che era il minimo che potessi fare.
Ogni volta che penso agli scrittori che ammiro, mi chiedo se mi avrebbero approvata in quanto collega o se piuttosto avrebbero tratto ispirazione da me per uno dei loro personaggi grotteschi. La seconda opzione mi sembra la più probabile: amare troppo rende tragicomici.
Anche scrivere libri che nessuno legge rende tragicomici, il che i rende doppiamente ridicola.
Zoshigaya si trova vicino a Higashi Ikebukuro, un quartiere tranquillo e pittoresco dove vecchie casette tradizionali sepolte dall'edera rampicante si sparpagliano senza alcun criterio. Le pareti di legno, le porte scorrevoli, i geta appoggiati contro i gradini, le strade strette che si attorcigliano, le tegole spesse e lucide... tutto sembra uscito da uno dei libri che leggo di solito. Gli unici rumori erano il frinire delle cicale e, di tanto in tanto, il gracchiare dei corvi. 
L'atmosfera era quella ovattata di un sogno particolarmente realistico e ho pensato a quanto sarebbe bello vivere in un posto tanto tranquillo.
Un ragazzo sulla ventina con una camicia a scacchi è appena arrivato con un borsone e una gabbietta per criceti rosa: avevo visto viaggiatori con gatti e cani, ma è la prima volta che assisto all'ingresso di un criceto in una stazione. 
Per un attimo immagino che tutti i viaggiatori indossino un kimono: è divertente. Gli si addice di più di questi abiti occidentali che tutti qui indossano in modo che ricadano larghi addosso. E' piuttosto difficile intuire la forma dei corpi - quelli  delle donne soprattutto. Una cosa positiva della moda giapponese è che qui posso mettere il mio cappello di paglia in santa pace.
Un signore anziano con un borsone pesante siede e si guarda attorno con aria accaldata. Ha pantaloni neri, scarpe di pelle e una camicia. Il suo cappello grigio gli conferisce un'aria discretissima anche mentre si asciuga il sudore dalla faccia.
Arriva lo Shinkansen, mi siedo.
Tokyo scivola via fuori dal finestrino: gli edifici sono tasselli grigi di un puzzle. Le finestre dei palazzi diventano tastiere di pianoforti via via che il treno accelera. 
E' mattina inoltrata ma il cielo, vagamente nuvoloso, rimane di un celeste tenue e sporco: mi è tornato in mente solo ora, questo cielo che non diventa mai azzurro. 

...continua ...

Tomba di Natsume Soseki, al cimitero Zoshigaya. Ho deposto un giglio bianco sull'altare.


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